La ricerca getta sicuramente una luce su un periodo di enorme
importanza, le cui implicazioni sono sempre avvertibili. Tra i
frutti del «secolo breve», adoperando la definizione per
caratterizzare il Novecento, questo fu sicuramente il peggiore. Il
comune, di non rilevante entità, partecipò di riflesso agli
avvenimenti internazionali, per quanto riuscisse a sviluppare
proprie peculiarità, che lo differenziarono non poco dagli altri
analoghi comuni liguri: l’industrializzazione, che assunse uno
sviluppo senza precedenti, fu il cardine di queste differenze. Il
numero di posti di lavoro nell’industria, in relazione al numero
degli abitanti, fu perfino maggiore di quello di grandi città liguri
come Genova o La Spezia. E le sue fabbriche, negli anni della
guerra, produssero a pieno ritmo dapprima per lo Stato italiano e,
quindi, dopo l’8 settembre – in particolare i Cantieri del Tirreno,
le Officine liguri elettromeccaniche e le miniere di Libiola,
divenute «protette» – per gli occupanti tedeschi. Questo da un lato;
dall’altro, non si è certo trascurata la popolazione nel suo
complesso. Ciò ha implicato la ricerca di un quadro unitario, ovvero
il tentativo di eliminare il rischio di schematismi troppo rigidi e
semplici che avrebbero ridotto il discorso al classico dualismo
fascismo/antifascismo, reale ma non certo sufficiente a rendere
appieno l’evolversi dei fatti. Che con l’armistizio e la nascita
della Repubblica sociale italiana, voluta da Hitler, diventarono, è
il caso di affermarlo, una questione di sopravvivenza. L’intero
periodo è reso da una miriade di notizie coeve e documenti, che
possono anche far discutere, ma sulla cui attendibilità non
sussistono dubbi.
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