Il lavoro è dedicato alla storia di Sestri Levante e delle sue frazioni durante i primi trent’anni del Novecento, o per riprendere un’espressione  Tra i frutti del «secolo breve», adoperando la definizione per caratterizzare il Novecento, uno in particolare si spinge sopra gli altri: la velocità, cui è possibile unire la meccanizzazione. Ma a Sestri Levante, accanto al progresso, le lavandaie continuarono a lavare i panni o al pubblico lavatoio o, caso forse più frequente, in uno dei canali di cui era ricco il territorio; i pescatori attesero al loro mestiere adoperando barche a remi o a vela, i padroni marittimi si spinsero sulle isole con leudi e tartane, anch’esse rigorosamente a vela, i contadini dei piccoli appezzamenti continuarono a prediligere la zappa come strumento di lavoro, le norie per l’acqua irrigua erano azionate da cavalli o asini, le case dotate di servizi igienici si contavano facilmente, le strade erano quasi tutte sterrate. I collegamenti con le frazioni, poi, avvenivano a mezzo di viottoli e mulattiere, mentre il porto era poco più di un molo «a scogliera». Sopravvissero, o meglio prosperarono, attività che oggi è perfino difficile ricordare e i contrasti, a volte, divennero stridenti; perché si aprirono cinematografi quando nelle frazioni la luce elettrica scarseggiava, oppure era semplicemente inesistente, perché negli alberghi le camere avevano acqua calda e fredda quando nelle case la gente si scaldava all’inverno con stufe a legna e soltanto in cucina. Al tempo stesso, nei cantieri di Riva Trigoso si vararono transatlantici, come le principesse Iolanda, affondata nella baia e Mafalda, l’Esperia o il Giuseppe Verdi. E soltanto per citarne alcuni. Il libro racconta tutto ciò, e molto altro, unito al rigore dell’analisi storica.